L’NBA ha completamente ri-disegnato l’All-Star Game che si è svolto ieri al Chase Center di San Francisco (un’arena che ospita partite di alto livello dal 2019) introducendo un format mai-visto prima: un mini-torneo a tre squadre.
Stephen Curry — il beniamino di casa — ha conquistato il Kobe Bryant MVP Trophy guidando gli “Shaq’s OGs” alla vittoria finale con uno score di 41-25; il playmaker ha messo a segno 12 punti decisivi nel match conclusivo.
La struttura del torneo è stata rivoluzionata: niente tempo regolamentare ma punteggio-target di 40 punti; due semifinali e una finale hanno sostituito il classico Est contro Ovest. Le squadre sono state divise in modo peculiare:
- Chuck’s Global Stars (giocatori internazionali)
- Kenny’s Young Stars (stelle emergenti)
- Shaq’s OGs (veterani esperti)
Un’assenza notevole ha caratterizzato l’evento: LeBron James (che compirà 41 anni il prossimo dicembre) ha dovuto rinunciare per problemi alla caviglia interrompendo una striscia di 20 apparizioni consecutive all’All-Star Game.
Giannis Antetokounmpo — assente per un problema al polpaccio — ha proposto un’idea interessante per il futuro: “Mi piacerebbe vedere una sfida USA contro Resto del Mondo; sarebbe elettrizzante avere Jokić Dončić e Wembanyama contro le stelle americane”.
“Ho appena battuto Damian Lillard” ha esclamato Jaren Barajas dopo aver realizzato un tiro da metà campo durante l’intervallo vincendo 100.000 dollari.